Spesso penso all’importanza dei soldi e del successo professionale. In qualche modo le due cose sono legate o comunque di solito il successo professionale porta anche i soldi e viceversa. Ma quanto sono importanti i soldi nella vita di una persona, quale è il segno che alla fine lasciano, quando il percorso giunge al termine?
Ci ho pensato oggi mentre mangiavo un pezzo di formaggio gongorzola con il pane. Il motivo di questa riflessione è presto detto. Nella mia vita sono stato discretamente fortunato, non mi è mai mancato nulla e sono riuscito a togliermi diversi sfizi. Ho avuto anche modo di entrare in contatto con alcune cose tipicamente considerate di lusso, magari anche solo per una volta o per un giorno. Che cosa è che ricordo del mio passato, che cosa è che mi fa tornare alla mente dolci ricordi? Non è sicuramente la volta che sono stato a pranzo a Villa D’Este, non è quella volta che sono andato in giro con la Porsche o quell’altra volta che ho fatto una vacanza in uno spettacolare hotel di lusso. Niente di tutto ciò, niente legato a stretto filo con i soldi.
I momenti più dolci sono stati i pranzi dalla mia Nonna Etta, a mangiare una coscia di pollo che lei aveva cucinato, insieme ad un pezzetto di formaggio zola (ecco il motivo della remembrance Proustiana). Sono le giornate passate a giocare con mia sorella a calarci un cestino di vimini dal balcone della mia nonna Tina a quello della mia nonna Etta (abitavano una sopra all’altra), le volte che ho bevuto il caffè con il latte versato da una tazzina a forma di mucca, oggetto prezioso di mia nonna Tina, sono le risate fatte con i miei amici Luca e Livio, i pomeriggi passati con Marcello a guardarci i cartoni animati, le serate divertenti con i miei zii Sergio e Maurizio a prendere in giro tutto il parentato, il cassetto dei segreti della mia cugina Laura, i discorsi sulla musica insieme alla mia Zia Franca e al mio Zio Angelo, la visita al negozio di animali insieme a mio papà (che segretamente fece fare un segno sull’orecchio del Botolo, per ricordarsi di quale fosse stato il mio cucciolo preferito), la calza della Befana piena di cose stranissime, la fumettoteca in cantina, lo zabaione fatto dalla mamma di Marco quando mi fermavo da lui a dormire, le pizze e le mozzarelline mangiate con gusto insieme a Giallo Pinky, Massi e Ste, il primo bacio, il secondo innamoramento con l’ansia di raccontarlo a mia mamma, l’ultimo dolce innamoramento che mi ha portato a fare cose che non avevo mai fatto prima, le giornate a cantare a squarciagola le canzoni di Baglioni dalla musicassetta di Ale-oo di mia mamma, le mattine che stavo a casa da scuola e andavo con mia madre dal prestinaio. La lista di cose dolci è infinita e tutte sono
completamente separate dai soldi. Se dovessi fare un conto dei soldi che servirebbero per ricostruire quei momenti (per comprare un cestino di vimini, la mucchina del latte, un pacchetto di mozzarelle, etc.) direi che non si raggiungerebbero neanche i 100 euro.
Per questo motivo, forse, ha ragione chi dice che i soldi non fanno la felicità. Ciò non significa che i soldi non aiutino ad essere felice, ma piuttosto che si può essere felici senza soldi. Anzi, la felicità è spesso completamente slegata dai soldi.
Ciò vuol dire che nella mia vita i soldi non saranno importanti? Ciò significa che non ce la metterò tutta per fare tanti soldi? No, il mio obiettivo rimane quello di fare una montagna di soldi. Si potrebbe pensare che allora tutto quanto è stato scritto sopra non abbia alcun senso. Ma in effetti un senso ce l’ha. Il motivo è semplice, così come è semplice il concetto di vita e quello di morte. Sono innamorato della vita ma sono angosciato dalla morte. Non dalla mia morte, non ne ho paura e non ci penso più di tanto. Piuttosto della morte delle persone a me care. Ciò che odio della morte non è il fatto che sia collegata ad una fine, perché sono convinto che tutto continui. Piuttosto, odio della morte il fatto che di solito sia accompagnata da un lungo periodo di sofferenza e che questa sofferenza ha bisogno di soldi, di tanti soldi, per essere più morbida. Ecco, voglio accumulare più soldi possibili, per rendere morbida la sofferenza che inevitabilmente accompagnerà le persone a me care verso la fine di questo percorso. Ed è questo che mi fa rabbia, è qui che secondo me i governi non fanno abbastanza. Perché non è giusto che chi non abbia molti soldi sia destinato ad aggiungere sofferenza a sofferenza: l’incapacità di aiutare i propri cari nel momento di sofferenza. Dovrebbe essere un diritto di tutti, ogni figlio dovrebbe avere il diritto di accompagnare su una nuvola i propri genitori, senza vederli star male, senza poter dare loro le cure che si meriterebbero. E’ inutile sperare in un cambiamento. Forse è meglio mettercela tutta affinché quel momento possa essere gestito al meglio. Se nessuno mi dà la nuvola che mi servirà per accompagnare chi dico io, allora quella nuvola me la comprerò!
Leggendo ho versato qualche lacrimuccia, ho sorriso molto, ma soprattutto sono in perfetta sintonia con te: gli unici momenti in cui mi sono mancati davvero i soldi sono stati quando non ho potuto aiutare qualcuno ad alleviare la sua sofferenza. E se tornassi indietro mi riempirei di debiti….
Poi mi mancano i soldi quando vorrei regalare la luna a qualcun altro, poi mi mancano i soldi quando…. ma va la’….. ora esagero :-))
Che bel post, davvero bello!!!!!!!!!!!!!!!!